Lo spazio sul comodino (2024)
in edizione limitata di 5 copie più 2 dell’artista
Numerato e firmato dall’artista con Certificato di Autenticità.
Lo spazio sul comodino
di Paola Turroni
Qual è la soglia tra la veglia e il sonno? Tra il reale e il sognato? Tra lo spazio concreto del comodino su cui poggiamo il kit di sopravvivenza alla notte, e lo spazio epifanico del lavoro artistico che svela, dissotterra, emerge da un altrove, come se la fotografia potesse vedere dove l’occhio non vede, e non sa.
La fotografia entra in questa soglia e la dilata, ciò che ci sembra istantaneo e confinale, indefinibile e netto, nella fotografia di Delluzio diventa un luogo vivo, abitato, infinito. Possiamo entrare in quella soglia, come nell’armadio di Narnia, e conoscere dove vanno le cose, le storie degli oggetti cui voltiamo le spalle quando spegniamo la luce, il fremito vitale di quello che tocchiamo e che prolunga di noi, indipendentemente da noi.
Il comodino è uno spazio ristretto e prossimo, un’ancora per la zattera su cui lasciamo andare la deriva del sonno. È proprio in una porzione di spazio ridotta all’essenziale che può mostrarsi l’onirico del reale, ciò che Delluzio vede sono i sogni degli oggetti o gli oggetti dei nostri sogni?
Delluzio indaga questa dicotomia, possiamo trovare nelle sue opere qualcosa in cui ci riconosciamo, che ricordiamo di aver vissuto, una memoria che si forma per suggestioni e visioni, e che compone il nostro sguardo. Nel contempo possiamo scoprire prospettive che ci sorprendono, e che aprono su territori sconosciuti, permettendoci di essere pionieri.
L’utilizzo straordinario – nel senso letterale di fuori dall’ordinario – degli elementi naturali ci svela ciò che resterebbe nel mondo delle spore e delle schegge, quanto sviluppo biologico ci sia in un frammento di bosco, quanto elemento pittorico esprimono le superfici naturali, una tavolozza infinita di tratti e forme. Non si può prescindere dalla pittura parlando della fotografia di Delluzio, ciò che calpestiamo il più delle volte è un dettaglio di un quadro cosmico.
L’acqua trasforma tutto quello con cui entra in contatto, come liquido amniotico, partorisce dal bidimensionale al tridimensionale, dal composto all’esplosione. L’acqua utilizzata per la composizione dell’immagine, non è solo un filtro naturale, ma un movimento vitalizzante, un’alleanza creativa tra uomo e natura.
Nel percorso del progetto artistico si intuisce un viaggio generatore, come se ogni opera portasse alla successiva, in un dialogo costante dell’autore con ciò che produce, un elemento naturale che torna, si sviluppa e si trasfigura. Gli oggetti che riconosciamo, il libro o la sveglia, sono trattati al pari di una corteccia o di un sasso, in questo pianeta lunare che è il mondo dei sogni di Delluzio, la materia è ugualmente trattabile, e la pagina ha la stessa mortalità di un fiore.
Ed ecco, dentro questo luogo dalle tonalità terrigne, autunnali, concreto e testimoniabile, la rappresentazione istantanea di un altrove, l’elemento perturbante: la piccola casa a pois e il ciclamino, con il colore della favola e dell’erotismo, raccontano un’altra storia della notte, la parte di notte che abitiamo col corpo. Come intravedere la bocca che si apre durante un sogno, un cassetto sul reale lasciato semiaperto, una rigenerazione inaspettata sul fronte della rugiada, la consistenza di una fioritura, forse il risveglio.
Le opere di Delluzio sono nature morte attraversate da un soffio vitale, in bilico, nel passaggio tra il non più e il non ancora. Ciò che contiene la fragilità del tarassaco, in parallelismo col bicchiere d’acqua, una pietra friabile come un libro aperto, come farebbe un mago che sposta i tesori e trattiene la meraviglia. Un big bang privato, un miracolo, l’universo rifatto dalla terra e dal latte, l’autore che si fa un po’ nutrice e un po’ dio. Il buio da dove viene la luce.